lunedì 24 gennaio 2011

L'INFERNO

(terzo racconto del viaggiatore)

Giunsi una mattina alla stazione di D. Era una stazione grande ed affollata, dove era difficile orientarsi. Tutti i tabelloni erano spenti per un guasto elettronico, l'orario murale era in via di sostituzione, l'ufficio infomazioni era chiuso ed i pochi ferrovieri si dileguavano appena cercavi di avvicinarli. Cosi mi misi a leggere ad una ad una le indicazioni sui binari dei treni, ma ogni carrozza portava una destinazione diversa, la prima Basilea, la seconda Foggia, la terza Innsbruk, cosicché immaginai che al fischio del capostazione il treno si sarebbe contorto come un verme e ogni carrozza sarebbe schizzata in direzioni diverse, lasciando li da sola la carrozza ristorante, che non portava scritta altra destinazione se non se stessa.

In quel momento, nella marea di gente che avanzava a spintoni e valigiate, notai un uomo blazeruto, elegantissimo, con una valigetta nella destra e un computerozzo nella sinistra. Si dirigeva spavaldo e sicuro verso il binario otto. Dal suo portamento dedussi che andava nella Capitale. Non fui deluso. Egli salii, io lo seguii, lui si sedette, io mi sedetti, indi gli chiesi:
- Questo treno va a M. ?
- Ci va - disse guardandomi senza calore alcuno - ma questa è la prima classe.
- Che fortuna - dissi io.
Mi lancio' una occhiata non so se malevola o stupita, poi estrasse dalla valigetta una coppia di giornali ardentemente governativi, e un telefonino nero che subito comincio' a strillare esigendo la sua attenzione, e intanto con una mano sfogliava un blocco di appunti e con l'altra cercava di accendersi una sigaretta e con l'altra di annotare un numero e con l'altra di accendere un'agenda computer. Ma di nuovo il telefonino strillo', e guardandomi intorno io vidi che ero capitato in un vagone di sventurati, che non si sa per quale peccato commesso erano condannati a quella medesima pena, poiché non potevano leggere i giornali senza dover rispondere perché dovevano prendere appunti, e dovevano interrompere di prendere appunti perché strillava il telefonino, e intanto si facevano l'un l'altro cenni di disperato saluto come a dire, non posso muovermi e l'altro rispondeva ahimè, neanch'io posso, sono incatenato al mio luogo di dolore, e se qualcuno provava ad alzarsi per andare a salutare l'altro, ecco che il telefonino lasciato sul sedile strillava iroso, oppure era quello dell'altro che strillava, e il controllore cercava invano di ottenere udienza da costoro, e l'ansia, il rumore e la pena erano intollerabili, cosi lasciai di corsa quel vagone terribile.

Ma nel vagone successivo trovai peccatori di diversa specie. C'era infatti un gelo spaventoso, dovuto, mi dissero, alla rottura dell'impianto di riscaldamento, e tutti erano imbacuccati in cappotti e giacche a vento, e il moccio colava sui sedili, e battevano i denti minacciando rappresaglie contro scambisti, controllori, capistazione, sottosegretari e ministri.

Passai di corsa nel vagone successivo, ma mi manco' il fiato perché fui avvolto da una vampata ardente. Mi dissero che qui era saltato l'impianto di condizionamento, e tutti erano sudati e seminudi, stavano coi finestrini aperti e stranutivano per l'escursione termica, oppure rossi come gamberi cercavano sollievo in lattine di birra dove un attimo prima stravolti avevano spento le loro cicche, e anche da questo vagone scappai, ma nel seguente incontrai il girone dei Valigiati, ove i peccatori erano per la metà giapponesi per la metà di nazionalità varia, ma ognuno portava con sé tre valigie grandi come letti matrimoniali, c'erano valigie dappertutto, rigide, bombate, flosce, a rotelle, che si spostavano a ogni curva schiacciando bambini e ogni tanto qualcuna cadeva giù dall'apposito ripiano con rumore di bomba storpiando un innocente. Scavalcandole riuscii ad arrivare in un altro vagone, ma li c 'erano i Prenotati, il cui supplizio consisteva nell'avere tutti, a due a due o a tre a tre, lo stesso numero di posto prenotato, cosi da dover litigare in piedi per tutto il tragitto, mentre un controllore impassibile dava la colpa al computer.

Quindi sempre fuggendo attraversai il vagone dei Cessi rotti, ove decine di persone mugolavano nelle strette del bisogno fisiologico, e da li raggiunsi il vagone dei Tifosi, dove tra cori e bestemmie e bandiere si festeggiava non so quale sconfitta, e tutti perdevano sangue dal naso o avevano un braccio al collo o incisivi divelti o occhi gonfi come manghi, ma erano contenti.

Infine arrivai nell'ultimo infernale vagone dove circa trecentosessanta esseri umani, la maggior parte di colore, stavano accalcati nei corridoi o dormivano a grappoli negli scompartimenti. Tra loro procedeva, schiacciandoli sotto le ruote, un misterioso carrello di panini e bibite senza guidatore. In mezzo a questo carnaio, se ne stava ritto in piedi un signore vestito di bianco, dal volto nobile, che leggeva un giornale di evidente credo progressista. Vedendomi arrivare chiese speranzoso:
- Ha visto dov'è il controllore ?
- Si, ma non è facile arrivarci.
- Lo so - ammise lui tristemente - Ho il posto di prima classe, ma non so come spostarmi, come scavalcare tutti questi....
- Neri - dissi io.
- Poco male - disse lui con un nobile sorriso
- A volte, condividendo con i diseredati stenti e difficoltà ci rendiamo conto di come la nostra vita scorra tra agi e privilegi, ed è pur vero che non soltanto con le parole dobbiamo batterci per l'abolizione delle ingiustizie ma, talvolta, con le azioni.
- Bravo - disse un senegalese, peraltro laureato.
- Vede - disse l'uomo vestito di bianco - io devo viaggiare altre quattro ore. Ma per fortuna ho un libro con me, un libro che mi terrà compagnia, e sicuramente mi aiuterà a riflettere su cio' che le dicevo dianzi.
- Bravo - dissi io.
In quel momento tutte le luci del treno si spensero per un guasto elettrico e poiché era notte, il buio fu totale. L'uomo con il vestito bianco emise un gemito. Gli furono subito rubate le scarpe. Il carrello gli verso' caffè caldo sui piedi. Il controllore, nell'oscurità, riuscii a multarlo perchè non aveva obliterato il ritorno. Un bimbo di circa anni sei, che da ore cercava di raggiungere il bagno....

Ma non voglio raccontare altro. Quando fummo alla stazione d'arrivo rividi l'uomo vestito di bianco a piedi nudi e senza più cravatta, circondato da quattro zingari. Mi guardoo e disse fieramente:
- Non ho cambiato idea , sa !
E io pensai tra me:
Questo è un uomo.